Intervista a Nicola Lagioia
Abstract
Si discute molto oggi di un ritorno al realismo, in filosofia, nell'arte e nella letteratura. Nel romanzo, nella sua stessa idea fondativa, la realtà è sempre in campo, ciò che muta, da un romanziere all’altro, è l’idea che si ha di letteratura e, di riflesso, i mezzi con cui la realtà viene descritta . Che cosa ne pensa? Lei crede che la letteratura sia sempre realistica? In che senso e in che misura deve esserlo? Il realismo non esaurisce la realtà. La realtà è un oceano infinito. Libri come "La metamorfosi" di Kafka non hanno un'impronta realista eppure penetrano la realtà più a fondo di tanti altri che fanno perno sulla verosimiglianza. Siamo circondati dal mistero, e la letteratura lo indaga con strumenti al tempo stesso più rozzi e più sofisticati rispetto a quelli in possesso della scienza. Emily Brontë, Fedor Dostoevskij, Roberto Bolaño, Marilynne Robinson... sono tutti esploratori del mistero, alcuni di loro addirittura sono degli indagatori dell'incubo. La grande letteratura ha sempre un che di trascendente, nel senso che trascende, supera, per ciò che riguarda il sentimento del mondo, i propri contemporanei, e anche in certi casi i posteri. La mia battuta preferita di Harold Bloom (ma a propria volta lui l'aveva presa in prestito) è che difficilmente si potrebbe dare un'interpretazione freudiana di Shakespeare, mentre un'interpretazione shakespeariana di Freud è già più verosimile. Come a dire che in una strada di Stradford-upon-Avon, nel Seicento, brilla qualcosa della Vienna novecentesca.
Published
2016-12-05
Issue
Section
Interviews